Intervista a Tullia Zevi
Inevitabile la mia domanda su come fosse la vita di
un’adolescente ebrea negli anni terribili del fascismo:
“Fino al 1938
non percepivamo la differenza. Certo, non eravamo cattolici ma ci sentivamo italiani a tutti
gli effetti. La mia famiglia era in Italia da circa cinque secoli. Poi, con le leggi razziali, che io chiamo ‘razziste’, le cose
sono cambiate, siamo dovuti emigrare. Era l’estate del 1938, noi ci trovavamo in vacanza in
Svizzera. Mio padre era a Milano, la città dove vivevamo e dove lui
esercitava la professione di avvocato. E leggendo il testo delle leggi promulgate proprio in quei
giorni fu lungimirante, capì che non si poteva più tornare a casa, che
purtroppo era necessario rinunciare a tutto, alla casa, al lavoro, agli amici,
agli affetti, alle abitudini. Era un’esclusione dalla vita sociale del paese per noi che
eravamo nati e cresciuti italiani.
Fu una partenza senza addii molto triste”.
Tullia Zevi beve un sorso di cappuccino, poi continua:
“Mio padre
pensava di poter continuare a vivere in Europa, a Parigi, di aprire uno studio
da avvocato insieme ad un amico francese. Poi però le cose precipitarono, i germi del razzismo giunsero
anche là e dovemmo partire, nell’estate del 1939, con una delle ultime navi
civili che salpavano dal porto di Le Havre alla volta degli Stati Uniti”. ..
Le chiedo se secondo lei è cambiato qualcosa dopo l’orrore dei
campi di sterminio, se le future generazioni devono temere che accada
nuovamente quel che accadde con la Shoah:
“I germi
dell’intolleranza sono sempre in agguato. La democrazia è costruita perché si possa vigilare contro i
regimi totalitari. Però il pericolo c’è sempre. Un grande americano, Thomas Jefferson, disse che il prezzo della
libertà è l’eterna vigilanza e credo che questo sia il messaggio da dare ai
nostri giovani. Non bisogna dimenticare che i totalitarismi generano
mostri. Chi dimentica il passato è condannato a riviverlo, per questo è
importante la storia, lo studio della storia, la memoria. Ma soprattutto dico ai giovani: ricordate che la democrazia è un
bene supremo e costa lacrime e sangue riconquistarla. ”.
(dall’intervista
“Cappuccino con Tullia Levi)
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