VERA VIGEVANI JARACH

 

Mi chiamo Vera Vigevani Jarach e ho due storie:
io sono un'ebrea italiana e sono arrivata in Argentina
nel 1939 per le leggi razziali; 
mio nonno è rimasto ed è finito
 deportato ad Auschwitz.
Non c'è tomba.
Dopo molti anni, altro luogo,
in Argentina, altra storia: mia figlia
diciottenne  viene sequestrata,
portata in un campo di concentramento
 e viene uccisa con i voli della morte.
Non c'è tomba.
Queste storie indicano un destino
comune e fanno di me una testimone
e una militante della memoria.



Vera nasce a Milano il 5 marzo 1928. Il padre Vittorio è un avvocato e la mamma Lidia è una volontaria presso la sinagoga dove collabora col rabbino per assistere gli ebrei rifugiati. Con l’emanazione delle leggi razziali volute da Mussolini nel 1938, Vera deve lasciare la sua scuola per trasferirsi in una situata in Via della Spiga. Qui insegnanti israeliti impartiscono lezioni agli alunni ebrei. La situazione è così pericolosa che la che i Vigevani decidono di andarsene e, ottenuto un visto per l’Argentina, vi si stabiliscono.
Qui vera frequenta una scuola italiana dove però la maggioranza dei compagni appartiene a famiglie fasciste. Il padre Vittorio decide di iscrivere la figlia al Colegio Nacional de Senoritas dove fa amicizia con Victor Cohen e Arrigo Levi e si fidanza con Giorgio       Jarach, studente di ingegneria. Alla fine della guerra arriva la notizia della morte del nonno materno di Vera che, rimasto in Italia, era morto ad Auschwitz. La famiglia decide di rimanere in Argentina. Conclusi gli studi superiori, Vera decide di andare a lavorare in una fabbrica di maglieria appartenente ad amici di famiglia ma poi decide di intraprendere la carriera di giornalista culturale presso l’agenzia italiana ANSA dove rester per qurant’anni, fino alla pensione. Nel 1949 Vera e Giorgio si sposano e nace la figlia Franca.

Il 24 marzo 1976 cade il governo di Isabel Martinez de Peron per mano di un colpo di stato organizzato da Jorge Rafael Videla, dall’ammiraglio Emilio Eduardo Massera e dal generale Orlando Ramon Agosti. Si instaura così la dittatura militare alla guida di Vindela. Segue la repressione violenta di ogni opposizione politica e sociale. Vengono sciolti i sindacati, abrogati i diritti dei lavoratori, soffocate con la violenza le proteste. Sono perseguitati artisti, intellettuali, giornalisti, scrittori, musicisti e cantanti, torturati, uccisi o costretti all’esilio. Atroci trattamenti sono riservati agli ebrei. Neppure i neonati sono risparmiati se nati da prigioniere o da persone scomparse, infatti vengono presi e dati in adozione. Vittime del regime sono soprattutto gli studenti e gli insegnanti.
La repressione avviene in forma legale nei tribunali ma, più spesso avviene fuori dalla legalità perché le persone catturale vengono portte nei Centri di Detenzione Clandestina dove subiscono ogni genere di tortura o vengono uccisi col volo della morte.

Franca, la figlia di Vera, è una delle vittime: a 18 anni viene catturata e portata all’ESMA, il centro di detenzione e tortura dei ribelli. Franca era nel movimento studentesco e aveva partecipato ad un’assemblea di protesta per l’allontanamento del preside, ad un’altra assemblea proibita dal regime: insomma non nascondeva i suoi ideali a difesa dei diritti contro la repressione del regime. Espulsa dalla scuola aveva continuato a studiare per dare poi gli esami di maturità come privatista. Poco prima del sequestro aveva aderito al movimento studentesco UEN che si opponeva al regime. Consci del pericolo a cui la figlia andava incontro, i genitori volevano che lei tornasse in Italia ma Franca si era opposta.
Così il 25 giugno 1976, mentre si trova al br Exedra, La ragazza scompare. I suoi ricevono una telefonata che in parte li tranquillizza, ma poi di lei non si avranno più notizie. Infatti pochi giorni dopo quella telefonata, a metà luglio Franca rimane vittima del volo della morte: i militari avevano bisogno di spazio perché all’Esma erano arrivati molti altri giovani.

I genitori di Franca per lunghi anni non hanno notizie della figlia nonostante gli appelli ad organismi nazionali (Ministero degli Interni, Esercito, Marina) e internazionali (Amnesty International, Croce Rossa), all’Ambasciata Nordamericana e a quella italiana. Anche l’amico Arrigo Levi, tornato in Italia, cerca invano notizie di Franca. Vera incontra anche il Presidente Pertini ma solo nel 1991 conosce la verità tramite una superstite del regime, Marta Alvarez, che le parla della forza di carattere mostrata dalla ragazza durante la prigionia.

Per Anni Vera Vigevani con le altre madri dei desparecidos andava a cercare notizie in Plaza de Mayo, di fronte alla Casa Rosada e con la loro protesta costringono il governo ad aprire un ufficio per chiedere spiegazioni. In questo ufficio Vera conosce la madre di un compagno di Franca che fa parte dell’associazione Madres, a cui vera si unisce. Il regime non può ancora tacere a lungo e, quando cade la dittatura, vengono raccolte le prime testimonianze, vengono scoperti i colpevoli e, grazie alle pressioni delle Madres, vengono fatti i primi processi. Vera partecipa alle udienze del processo ESMA in Argentina e in Italia dove nell’aprile del 2008 la Corte d’Assise di Roma condanna all’ergastolo glimufficiali della Marina Jorge Eduardo Acosta, Alfredo Ignacio Astiz, Jorge Raul Vildoza, Antonio Vanek e Hector Antonio Febres.

Vera, che oggi ha superato i novant’anni si definisce una militante della memoria, infatti partecipa a incontri con gli studenti e a iniziative per non perdere il ricordo di quei fatti orribili.

 

Franca Jarach


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