VIKTOR FRANKL




Era uno psicologo di successo Victor Frankl, prima di essere internato ad Auschwitz e a Dacau. Contro le teorie di Freud e di Adler, sosteneva che dare un senso alla propria vita aiuta l'uomo ad affrontare situazioni estreme, senza affondare nella disperazione e anche nel suicidio. La letteratura, l'arte, la religione e ogni fenomeno culturale, che abbia alla base la ricerca di un significato, servono per trovare un senso alla propria vita.
Ad Auschtwitz era solo il numero 119104 e la vita lì non aveva scopo, come non c'era significato in quello che stava succedendo. Cominciò così a fare il medico e l'analista dei suoi compagni di prigionia, continuando a pensare al libro sulla sua esperienza nel lager, scritto nel 1945 al suo ritorno a Vienna ed edito nel 1946.

"Un'improvvisa agitazione anima la folla dei miei compagni di viaggio, che discutevano perplessi e non sapevano che cosa fare, con i volti spaventosamente pallidi. Di nuovo quei comandi urlati da voci rauche; siamo spinti, con percosse e di corsa, nel locale vicino che è poi la vera anticamera delle docce. Ci troviamo in un atrio, in mezzo al quale una SS attende di vederci tutti riuniti, prima di parlare:

«Vi lascio 2 minuti. Controllo sul mio orologio. In questi 2 minuti, dovete spogliarvi completamente, gettate tutto a terra, dove vi trovate; non potete portare nulla con voi, tranne le scarpe, la cintura e le bretelle, un paio d'occhiali e tutt'al più il cinto erniario. Cronometro i 2 minuti- via!».

Con furia incredibile, la nostra gente si strappa i panni di dosso. Mentre il tempo concesso sta per scadere, i prigionieri si affannano, sempre più nervosi e inetti, intorno a capi di vestiario e biancheria, fettucce e cinture ecc. ecc. Si cominciano a sentire i primi schiocchi: nerbi di bue colpiscono corpi nudi. Poi, ci spingono in un altro locale. Siamo rasati, e non solo sul cranio; su tutto il corpo non ci resta più nemmeno un pelo. Ci trascinano poi nelle docce. Ci mettono in formazione, quasi non ci riconosciamo più tra di noi. Ma ognuno di noi costata, con enorme gioia e sollievo, che dagli imbuti della doccia cadono veramente gocce d'acqua. ...
Mentre continuiamo ad attendere, la nostra nudità ci diventa familiare: non abbiamo nient'altro, soltanto questo corpo nudo; non ci resta nulla, tranne questa nostra esistenza letteralmente nuda. Quale anello di congiunzione esterno ci unisce ancora alla vita di prima?"

da "Uno psicologo nei Lager"

di Viktor Frankl

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